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Borghi : "Chi si occupa di sicurezza non va trasformato in agit prop. Le istituzioni devono restare terze"

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L'intervista ad Enrico Borghi per «Repubblica» del 28-04-2024

di Lorenzo De Cicco

ROMA - «Io tornerei a Talleyrand, che ai suoi funzionari diceva: soprattutto pas de zèle, mai troppo zelo».

E invece, Enrico Borghi, membro del Copasir, capogruppo di lv in Senato, ci ritroviamo col capo della Cybersicurezza che fa il testimonial del partito della premier, accanto al presidente di un'azienda strategica nella Difesa. Tutto normale?

«La prima sensazione, davanti alle immagini di Pescara, è stata questa: sbigottimento. Mi faccia fare una premessa, però. Sia Bruno Frattasi che Stefano Pontecorvo sono professionisti di livello, servitori dello Stato, l'hanno dimostrato in tanti anni di attività. Proprio per questo mi stupisce vederli trasformati in agit prop. Purtroppo è la scia di un'attitudine che si sta ormai consolidando, tra magistrati politicizzati, prefetti che fanno i ministri dell'Interno, altri prefetti ancora che fanno i capi della Cybersecurity con la maglietta di un partito. Ma ad essere troppo zelanti, si diventa zeloti».

Ci vede più superficialità nella lettura politica della situazione o, al contrario, una rivendicazione di appartenenza al partito al potere?

«La verità è che il deep state sta smarrendo l'equilibrio e il senso istituzionale che va sempre mantenuto. Quando i partiti rincorrono per le Europee un generale che nemmeno si mette in aspettativa o un prefetto per fare il ministro, viene a galla un'insicurezza della politica e un timore di incapacità che viene supplito "funzionalizzando" strutture dello Stato che devono invece rimanere terze. La crisi dei partiti crea un cortocircuito con l'alta burocrazia. E la dirigenza alla fine si intruppa. Passa direttamente oltre lo steccato. In passato non accadeva».

A dirla tutta proprio per l'agenzia della Cybersicurezza, nel 2016, Renzi proponeva l'amico Marco Carrai. Non era una stortura pure quella?

«Ma quell'incarico non venne mai assegnato a Carrai. Il quale pagò un fatto: che le porte girevoli in Italia funzionano solo in un verso, dalla pubblica amministrazione alle aziende. Mai il contrario».

Il capo della Cybersicurezza può restare al suo posto o il ruolo istituzionale è compromesso?

«Frattasi, come altri a questi livelli dello Stato, non deve solo essere indipendente, ma deve anche apparire indipendente. L'Agenzia della Cybersecurity, ancorché non rientrante nel novero dei servizi segreti, risponde a una legge che attribuisce all'autorità delegata sui servizi l'impulso e al Copasir la vigilanza».

Quindi?

«Dovrebbe esserci quantomeno una chiara presa di posizione rispetto al fatto che si è compiuto uno scivolone. Frattasi deve riconoscere di avere fatto una gaffe e fornire garanzie assolute sul suo grado di terzietà».

Interverrà il Copasir?

«Vedremo nelle prossime ore. Il Copasir per legge vigila sull'attività dell'agenzia. Intanto presenterò un'interrogazione alla Presidenza del Consiglio: spero sia l'occasione per aprire un confronto vero su questi temi in Parlamento».